La strada delle miniere
"Dedicato alla miniera, ai mineur e a tutte le famiglie che in qualche modo l’hanno vissuta, temuta ed amata”.
Un recente passato di archeologia industriale caratterizza il paese di Darzo e le sue montagne. Ma l’esaurimento dei giacimenti minerari ha aperto nuove visioni sulla strada delle miniere.
“L’oro bianco” di Darzo. Così è stato definito il solfato di bario, il minerale meglio conosciuto come barite che per più di un secolo ha plasmato, con la sua estrazione e lavorazione, l’economia e la vita sociale del paese di Darzo, della bassa Valle del Chiese e della vicina Valsabbia, nel territorio bresciano.
Correva l’anno 1894, quando l’imprenditore Giacomo Corna Pellegrini, proveniente dalla Valcamonica, alla ricerca di nuovi giacimenti ferrosi, si imbatté in una abbondante riserva di solfato di bario sulla montagna di Darzo, così importante da fargli decidere di investire anche in questo ramo di attività. Dopo la scoperta di questo prezioso minerale, le montagne alle spalle dell’abitato di Darzo divennero meta di ricerca. Tre furono le principali miniere che diedero lavoro a generazioni di minatori, ma anche a centinaia di operai, cernitrici ed altri lavoratori dell’indotto negli stabilimenti di fondovalle: Marìgole (giacimento originario coltivato dalla famiglia Corna Pellegrini), Valcornèra (scoperta da Carlo Maffei, industriale del varesotto) e Pice, che fu patrimonio della ditta di Felice Cima (imprenditore milanese).
Con il 2009 si è chiusa, dopo 115, anche l’attività di estrazione a Marìgole, il primo giacimento ad essere scoperto, l’ultimo ad essere chiuso.
Raggiungibile in auto percorrendo una strada di montagna.